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“l’Ospedale ospitale” di Francesca Laudato e Giuseppe Nardini, da un idea di Antonio Giordano, realizzazione di Vincenzo Barbarino

 Un ritmo serrato, 10 minuti ad alto impatto emotivo. Immagini e suoni, in un’ accattivante commistione, per ripensare la Sanità partendo dalle attività dell’Ospedale.

Il cittadino al centro del servizio, la personalizzazione e l’umanizzazione delle prestazioni, una gestione della sanità e delle cure che non si esaurisca dentro le mura ospedaliere ma che si estenda sul territorio, la capacità di intervento nelle situazioni di malattia ma anche la capacità di migliorare il livello di salute della popolazione con azioni preventive.

La malattia è difficilmente comunicabile, perché il dolore distrugge la possibilità stessa della comunicazione. Attraverso l’Ospedale Ospitale si tenta di invertire questo principio, il Cotugno si fa promotore di un’idea di sanità che accoglie, ascolta e accompagna. Un salto culturale? Un cambio di paradigma: passare attraverso il corpo del medico ammalato per riuscire aprire tutti i canali di comunicazione con il mondo della sofferenza arrivando anche a trasformare le pratiche.

Le immagini sfilano rapide sotto gli occhi di chi guarda, prima distrattamente, poi catturato dai messaggi palesi o sotto il limite della coscienza. Vanno in profondità.

Il ritmo è quello mutuato dagli spot e dai trailers cinematografici, il messaggio però questa volta non è banale, non sottende il consumo di qualche prodotto: qui si parla di vita e di morte, del significato della cura, degli errori che comunemente si commettono quando si instaura una relazione tra il medico e il paziente. Concetti, parole, frangenti di vita vissuta. Un ritmo che si infrange sul lento trascinarsi del linguaggio di Gianni Bonadonna, tra i padri dell’oncologia internazionale, direttore della divisione di oncologia medica dell’Università di Milano, minato da un ictus cerebrale e oggi con gravi difficoltà nella parola parlata e scritta e costretto su una sedia a rotelle.

Il fragore di un bicchiere di vetro che cade a terra e si infrange in tanti pezzi. Il vissuto del paziente, la comunicazione della diagnosi, secca, fredda, il fragore ossessivo del bicchiere che si rompe ad ogni errore del sistema, il senso della paura, del timore che la vita sfugga di mano e si avvii inesorabilmente verso la morte. Il ritmo cambia: la musica diventa serrata, le parole scandiscono il contrappunto tra il prima, l’esplosione dell’Aids degli anni ‘80 e le sue conseguenze, e il dopo: i nuovi farmaci, l’ospedale a domicilio, l’assistenza alla persona, la cura dell’aspetto psicologico. Il bicchiere cade ancora ma questa volta resta illeso.

L’etica in Sanità, come in economia, è nelle scelte, e nella valutazione delle conseguenze delle scelte.

Il filo rosso che accompagna il contenuto del video.